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Dio è "Pace"
di Maddalena Masutti
Il X° incontro dei capi delle varie
religioni, (Roma, 7-11 ottobre 96), ha sintetizzato il
proprio scopo, puntualizzando un comune attributo divino.
"La pace è il nome di Dio".
La Pace si addice a Dio come definizione accessibile e
condivisa unanimemente dalle grandi religioni. Diventa
elemento base per la comprensione, l'intesa reciproca e gli
sforzi comuni in aiuto dell'umanità.
Nelle varie Scritture
Nel 1952, il gesuita H. de Lubac affermava
che la scoperta da parte dei cristiani delle varie religioni
non è da ritenersi un fatto puramente culturale. La
religiosità umana si sta come addestrando, non sempre in
maniera consapevole, per interiorizzare figure religiose
sempre più universalizzate. Capaci cioè di superare i propri
confini ed esprimersi in aree comuni.
Nella Bibbia, ma anche in molti altri testi ritenuti sacri, il
tema della pace è presente come elemento essenziale
dell'essere Dio: "Jahvè Shalom!". La parola ebraica
"shalom", esprime completezza, benessere pieno.
Nella Bibbia la pace è partecipazione, dono, e raggiungimento
anche per l'uomo. Si insiste molto sul suo significato. Anche
per l'uomo essa non è soltanto ciò che qualifica una vita
tranquilla, in opposizione a quella travagliata del tempo di
guerra. La pace rientra nella vita quotidiana come situazione
di chi vive in armonia con Dio, la natura, se stesso e gli
altri. In concreto è benedizione, abbondanza, riposo, salute.
Gesù stesso quando dice: "Va' in pace!" non dona
solo la guarigione, l'assoluzione dal peccato, fa un'offerta
di salvezza e serenità.
Nelle Upanishad (testo indiano), "l'Infinito è pace e
beatitudine illimitata. Nelle cose limitate non esiste
beatitudine, solo l'Infinito è beatitudine". Il quale
assicura: "Libero da paura, collera, bramosia, l'uomo
trova rifugio in me, suo protettore e salvezza. Purificato
dall'ardore del mio essere, egli trova in me la sua dimora e
la pace".
"Voglio aderire al Budda con fede chiara, - afferma un
passo del Samyuttanikaya - lui il Beato, l'Illuminato
conoscitore dei mondi, che ammaestra gli uomini, mi condurrà
alla pace".
Noi non possiamo non avvertire in fondo all'anima l'accorato
continuo invito di Gesù: "Non temete... Non abbiate
paura, io ho vinto il mondo!...Vi lascio la mia pace... Vi dò
la mia pace. Non come ve la dà il mondo".
Si potrebbe continuare attraverso tutte le tradizioni
religiose più o meno note. Hanno un fondo comune: Dio,
massima realizzazione della pace, ama condividere la sua
beatitudine con gli uomini. Le espressioni più belle, nelle
varie letterature religiose, sono quelle indicanti l'invito
che Dio fa all'uomo a partecipare al suo stesso essere. Alla
sua pace. Non un obbligo. Un invito.
Dio compagno dell'uomo.
In tutte le religioni, in maniera quasi
pittoresca in quelle politeiste, c'è un luogo comune: non
solo gli dei, ma anche Dio, l'Infinito, l'Essere immortale,
Unico, viene coinvolto nelle guerre degli uomini. Nella Bibbia
Jahvè appare come "Dio degli eserciti", un Dio
combattente quindi. In effetti le prospettive aperte
dall'alleanza sul Sinai sembrano andare più verso la lotta
che verso la pace. Jahvè promette al suo popolo una patria,
ma se la deve conquistare. Con le armi. Canaan, data la sua
civiltà corrotta, costituisce un'insidia per Israele e Jahvè
ne sanziona lo sterminio. Le guerre combattute dal Popolo
Eletto possono passare quindi come "guerre di Jahvè".
E durante tutta la sua storia, Israele fa l'esperienza di una
vita combattiva, posta al servizio di una causa religiosa.
Dove non manca a volte la forte tentazione di confondere la
causa di Dio con la propria prosperità terrena. E il senso
del potere. Se Israele sperimenta a lungo la potenza divina,
dovrà riconoscere come contropartita alle sue infedeltà, che
anche gli eserciti di Babilionia sono a servizio di Jahvè e
incaricati di impartire i suoi castighi. Attraverso
avvenimenti terribili constaterà che la guerra è
fondamentalmente un male. Frutto di odio fratricida come
ricordava la storia di Caino ed Abele.
Nella Bibbia, la rivelazione è un fatto storicamente
afferrabile. Con intermediari conosciuti cioè, con detti e
fatti in buona parte avvenuti e solidamente conservati. Nella
"Bhagavadgita", un poema che contiene le dottrine di
una scuola religiosa indiana, Krisna, incarnazione di Dio in
un momento difficile della storia degli uomini, fa da
cocchiere al re Arjuna. Questi, costretto alla guerra contro i
suoi stretti parenti, non si sente di combattere. E Krisna lo
stimola a farlo. Come obbedienza al dovere. Il poema fa parte
del monumentale "Mahabharata", "uno dei grandi
breviari dell'umanità" ed è considerato per la sua
bellezza e straordinaria profondità un testo rivelato.
Krisna ed Arjuna sanno che la guerra è un'atrocità inutile.
Ma anche nel creare, semplicemente, un'epopea, non si può non
sentire Dio vicino agli uomini. E' un luogo comune: Dio,
invisibile, guida le azioni umane. Rendendosi presente e
lasciandosi scoprire nella quotidianità. Anche se costruita
sulla guerra. Che poi nell'interpretazione della rivelazione
divina, specie in determinate circostanze, si prendano
atteggiamenti aberranti, è ciò che purtroppo si constata.
Fra i Musulmani si è sempre ritenuto che fosse Allah a
sconfiggere i nemici. Da qui il concetto di "gihad",
guerra santa. Concetto ricavato per alcuni dalla sura N. 2,
190-91, del Corano: "Combattete per la causa di Allah
contro coloro che vi combattono, ma non oltrepassate i limiti.
Allah non ama i trasgressori. Uccidete quelli che vi combattono dovunque li troviate e scacciateli da dove hanno
scacciato voi, perchè lo scandalo è peggiore dell'uccidere;
ma non combatteteli presso il Sacro Tempio, a meno che non
siano loro ad attaccarvi: in tal caso uccideteli".
Maturazione
Gesù è consapevole che la salvezza offerta
in dono agli uomini è destinata a sconvolgere
l'opportunistica tranquillità degli individui. "Credete
che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico,
ma piuttosto la divisione e la guerra".
Eppure a chi voleva usare la spada per difenderlo, Gesù
ordina di riporla nel fodero.
Il vero significato dei termini guerra, pace, implica una
lettura del contesto legata alla maturità personale.
Man mano che le civiltà evolvono recando con sè la
maturazione delle coscienze, anche il ruolo di Dio che assiste
alle guerre degli uomini, viene interpretato in maniera
diversa. E le aree comuni di incontro tra le varie religioni
si moltiplicano e si allargano. A favore della costruzione
dell'uomo.
Significativo il saluto familiare adottato da varie
confessioni:
"Shalon"; "la pace sia con voi"; "Salam
alikum".
E' l'augurio popolare quotidiano. Che si assomiglia in tutte
le lingue. Indica la gioia dell'incontro, il desiderio di
condividere serenità, salute, benessere. Di condividere
cioè, consapevolmente o no, la benevola presenza di Dio.
Il saluto potrebbe essere occasione di riflessione ed impegno.
Perchè la pace è un valore di cui si può fortunatamente
beneficiare, ma che deve anche essere conservato e volutamente
costruito. Di persona. E assieme agli altri. Implica un
lavorio interiore non indifferente.
Bisogna scavare dentro di sè e con coraggio. Ci vuole
coraggio per cogliere l'essenziale, il positivo quando si
tratta di altri. Delle loro religioni, diverse dalla propria.
Ci vuole coraggio per eliminare le proprie incrostazioni. Per
cercare ciò che unisce, non quello che divide.
Bisogna scavare dentro di sè perchè è nel cuore dell'uomo
che incomincia e furoreggia la guerra. Come nel cuore dimora
la pace. Tutte le religioni, meritevoli di un simile nome,
hanno di mira, sia pure in maniera molto diversa, il bene
dell'umanità. Cercano per questo di portare gli individui
fino al massimo dell'unione perfetta con Dio.
E' molto bella l'affermazione di Gesù a Filippo che avrebbe
voluto vedere il Padre, Dio cioè. "Filippo, chi vede me,
vede il Padre!".
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