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Guerrieri di Dio
di Riccardo Redaelli*
Legge, ordine e pacificazione. Parole
d'ordine imposte per superare ogni divisione etnica e
culturale dell'Afghanistan e riunificare lo Stato attorno a un
governo d'ispirazione islamica che applichi in modo rigoroso
la Shari'ah. E' questo il disegno dei Talebani, la fazione
etnica emergente in una regione diventata teatro di violenti
scontri tribali e regolamenti di conti.
Allorché, nell'aprile del 1992, crollò a
Kabul il regime di Najibullah - ultimo epigono del partito
comunista afgano - la comunità internazionale ritenne che in
Afghanistan le sanguinose vicende aperte con l'invasione
sovietica del 1979 stessero per concludersi. Le diverse
fazioni di mujaheddin afgani, al contrario, si dimostrarono
incapaci di superare le rivalità personali, gli odi etnici e
tribali che da sempre lacerano questo paese, con il risultato
che la guerra civile divampò in tutto l'Afghanistan con
maggior violenza.
Una forza etnica emergente
Del resto, la presenza di molteplici gruppi
etnici contrapposti è sempre stata una costante di questa
regione: i pashtun, tribù di forti tradizioni nomadiche, che
hanno rappresentato l'élite politica e militare; i tajiki,
comunità persofona ma sunnita, che nella storia nella regione
rappresentano l'elemento agricolo, urbano e commerciale; gli
Hazara sciiti, arroccati nel massiccio centrale afgano; le
tribù appartenenti al ceppo turco-uzbeko, situate nelle
regioni più settentrionali. Anche per questo motivo, le lotte
e i conflitti inter- e infra-etnici fra le diverse comunità e
all'interno dei singoli gruppi etnici si protrassero fino
all'autunno del 1994, allorché lo scenario afgano fu scosso
dall'emergere travolgente e inaspettato di una nuova forza
politico-militare, che si dichiarava antitetica a tutte le
fazioni dei mujaheddin: i Taliban.
Questo termine rappresenta il plurale persiano del participio
attivo arabo tâlib, ossia "studente del Corano", e
che viene comunemente utilizzato per indicare gli studenti
delle scuole religiose tradizionali (madrasah) legate alla
moschea. I Taliban - almeno in origine - erano infatti un
movimento uscito dalle madrasah; ma non dalle scuole religiose
dell'Afghanistan, bensì da quelle del Pakistan, costruite
nelle province pakistane confinanti con la frontiera afgana.
Queste scuole sono state per lo più organizzate dal movimento
islamico radicale della Jamiat-e-Ulema Islami pakistana (JUI -
Associazione islamica degli ulema), con il sostegno
finanziario dell'Arabia Saudita. Presso di esse sono stati
raccolti e ospitati un gran numero di giovani pashtun, spesso
orfani e privi di mezzi di sostentamento. Oltre a vitto e
alloggio, questi giovani hanno ricevuto una sommaria
istruzione, basata su di una visione estremamente dogmatica e
scolastica dei precetti sciaraitici e dell'Islam, e sui
dettami della rigida scuola giuridica Deobandi.
Nonostante le continue smentite ufficiali, il Pakistan - in
particolare il servizio segreto militare ISI - Inter Service
Intelligence - non è stato estraneo a questa operazione: è
dalle forze armate pakistane che i capi dei Taliban hanno
ottenuto armi e addestratori.
Nell'autunno del 1994, profittando dello stato di confusione e
dall'esasperazione della popolazione civile afgana, gruppi di
Taliban occuparono quasi senza colpo ferire la città di
Kandahar, conquistando poi in poche settimane larga parte
dell'Afghanistan meridionale e orientale, arrivando fino alle
porte di Kabul.
Non si trattò in verità di una vera e propria campagna
militare: l'Afghanistan meridionale è etnicamente a
maggioranza pashtun, ossia lo stesso gruppo da cui provengono
la quasi totalità di questi "studenti-guerrieri".
Inoltre, i Taliban assorbirono, più che sconfiggere i gruppi
di mujaheddin pashtun che controllavano quella regione, in
particolare gli aderenti al Hezb-e Islami (partito islamico)
di Yunes Khalis, un leader tradizionalista, propugnante una
piena islamizzazione della società e dello stato afgano, e i
soldati di Gulboddin Hekmatyar, famoso ma screditato leader
anti-comunista.
Propositi crudeli di pace
Il messaggio dei Taliban era del resto molto
attraente: essi si proponevano di superare ogni divisione
etnica e culturale, per riunificare lo stato attorno a un
governo di chiara ispirazione islamica che applicasse in modo
rigoroso la Shari'ah. Le loro parole d'ordine erano legge,
ordine e pacificazione. Il proporsi come pacificatori e
restauratori della concordia all'interno della comunità
islamica dell'Afghanistan all'inizio procurò loro il favore
di parte della popolazione locale, di diversi paesi musulmani
e suscitò perfino l'interesse delle Nazioni Unite, che li
consideravano come una possibile soluzione alla ormai
incancrenita guerra di fazioni.
Ma arrivati alle porte di Kabul, la realtà non ha tardato ad
apparire. Nella capitale afgana era infatti insediato il
governo di Burhanuddin Rabbani - presidente dell'Afghanistan
dal 1992 - il quale, con il suo capo militare Ahmad Shah
Mas'ud, raccoglie e controlla la maggior parte della forze
tajike del paese.
La violenza, l'intransigenza e la crudeltà con la quale i
Taliban si sono accaniti contro Rabbani e la stessa capitale -
colpita da razzi e bombardamenti fino alla sua caduta nel
settembre 1996 - ha mostrato la loro rigidità, alienando loro
le simpatie di gran parte della popolazione urbana, e
suscitando le diffidenze di tutti gli altri gruppi etnici
dell'Afghanistan. Invischiati in una guerra di logoramento per
tutto il 1995 e il 1996, i Taliban sono così divenuti una
delle tante fazioni in gioco; una fazione importante e perfino
vincente - dato che essi controllano buona parte del
territorio afgano - ma non più un movimento alternativo agli
altri gruppi combattenti.
Soprattutto, la loro visione così dogmatica dell'Islam, e
l'ottusità con cui applicano quanto credono sia
corrispondente ai precetti islamici (in particolare contro le
donne), ha destato le preoccupazioni degli stati confinanti:
la Russia e le repubbliche centroasiatiche ex-sovietiche,
Perché timorosi del dilagare nella regione di movimenti
islamico-radicali di questo tipo, l'Iran in quanto paese
sciita e soprattutto Perché vede nel successo dei Taliban una
diminuzione del suo ruolo geo-politico nella regione.
Gli appoggi internazionali
Infine, anche il loro coinvolgimento - non
diversamente dagli altri mujaheddin - nel traffico di
stupefacenti che prospera in tutta l'area ha reso più cauti i
paesi che li hanno sempre sostenuti. Ma chi sono questi stati,
e per quali motivi appoggiano il movimento Taliban?
Il Pakistan, il paese più esposto in assoluto, vede nei
Taliban uno strumento per accrescere la propria influenza
nella regione afgana; il motivo primario per cui Islamabad ha
però giocato questa carta è quello di riunificare la regione
sotto un governo amico, permettendo la realizzazione del
grande progetto geoeconomico di creazione di una rete di
oleodotti, gasdotti e vie di comunicazione che unisca l'Asia
centrale all'Oceano Indiano.
Ma la partita che si gioca attorno alle immense risorse
dell'Asia centrale ha attirato l'interesse di altri stati:
primo fra tutti l'Iran, che rappresenta il competitore
naturale del Pakistan per la creazione di questa rete di
infrastrutture e di trasporto.
Il timore che la costruzione di oleodotti sul territorio
iraniano favorisse troppo il regime degli ayatollah ha spinto
gli Stati Uniti a sostenere il progetto pakistano di
riunificare l'Afghanistan attorno a questo movimento radicale,
come dimostrano gli accordi siglati da numerose multinazionali
USA con gli stati centroasiatici.
Accanto agli USA, i fedeli alleati sauditi, spinti da un
numero ancora maggiore di motivazioni: antagonismo con l'Iran,
interesse economico, ma anche desiderio di sostenere un
movimento islamico così vicino ai rigori e ai dogmatismi
dell'Islam di rito hanbalita professato in Arabia. Non è
certo un caso che, subito dopo la caduta dell'URSS, Riad abbia
iniziato un'opera di penetrazione ideologica e religiosa
capillare in Asia, tramite la costruzione di moschee, il
finanziamento di movimenti radicali, e iniziative similari.
Ma la recente conquista di Kabul non si è tradotta nella
vittoria dei Taliban. Anzi, essa ha prodotto l'alleanza dei
Tajiki e degli Uzbeki, guidati dal generale Rashid Dastum e
sostenuti dall'Uzbekistan, fino ad allora divisi da profonde
rivalità. Il sostegno a questi nuovi alleati dato da Russia,
paesi centroasiatici, Iran e dall'India (in funzione
anti-pakistana) possono prolungare il conflitto ancora per
anni. Nell'altro campo, la crisi politica ed economica del
Pakistan, riduce il potere di controllo e di pressione sopra i
vertici dei Taliban, che si stanno dimostrando delle pedine
molto poco disponibili a farsi manovrare.
Per gli Stati Uniti, pertanto, il sostegno a questo movimento
in funzione anti-iraniana (e più velatamente, per impedire il
ritorno sulla scena regionale della Russia) può divenire, se
non controproducente, perlomeno molto rischioso in termini
politici e di sicurezza regionale.
Senza il sostegno logistico, finanziario e militare di
Pakistan, Arabia Saudita e USA, i Taliban avrebbero ben poche
prospettive di raggiungere i loro obiettivi: per il momento
però, il desiderio di isolare l'Iran e di
"conquistare" le ricchezze del sottosuolo
centroasiatico, sembrano ancora essere prioritarie,
permettendo a questi intransigenti "guerrieri di
Dio" di rifiutare ogni compromesso e ogni proposta di
armistizio.
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