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ISLAM in Europa islam
di Stefano Allievi
Infiltrato pacificamente in Europa,
attraverso l'immigrazione, l'Islam vi sta prendendo una
connotazione specifica. Contribuendo a quel mutamento di
civiltà di cui non si è ancora consapevoli. Il Prof. Stefano
Allievi fa una descrizione del fenomeno approfondita, chiara,
ricca di intuizioni e spunti originali.
Se assistiamo oggi a un rinnovato interesse
nei confronti dell'islam, lo dobbiamo all'incrociarsi di due
fattori non direttamente correlati ma, significativamente,
concomitanti, uno interno e l'altro esterno ai paesi
dell'occidente: da un lato la presenza di significative
minoranze musulmane, frutto di recenti flussi migratori, nei
paesi del nord del mondo; dall'altro il riemergere di diversi
paesi islamici, e dell'islam stesso, come protagonisti,
politici e non solo, della ribalta internazionale. Qui ci
occuperemo solo del primo fenomeno, che investe direttamente i
paesi d'Europa.
I rapporti difficili tra islam ed Europa
La
storia è stata davvero maestra, ma in negativo. Il
Mediterraneo, "continente liquido" come lo chiamava
Braudel, è stato teatro di un gigantesco e reciproco
fraintendimento, il cui prezzo stiamo tuttora pagando, in cui
nessuno dei due protagonisti, se si specchia nell'immagine che
l'altro dipinge di sé, si riconosce. Lo specchio è
deformante e l'immagine non può che essere deformata. E lo
specchio è deformante perché è il risultato di un lungo
processo di distorsioni in entrambi i campi, cominciato fin
dall'inizio del loro rapporto, con la nascita stessa
dell'islam, nel secolo VII dell'era cristiana.
Distorsioni che continuano, anche se qualcosa sta cambiando:
più per la forza dei processi della civiltà materiale che
per una deliberata politica o per un cambiamento di
atteggiamento. Attraverso la televisione innanzitutto, le
foreste di antenne "paradiaboliche", come le chiama
chi nel mondo islamico ne paventa il potenziale corruttore. E
in generale attraverso i sempre più numerosi scambi che i
processi di globalizzazione consentono: di merci, di
informazioni e di persone.
Il
dato oggi diventa più grave, per una ragione semplice e nello
stesso tempo fondamentale, che richiamavamo all'inizio:
perché l'islam non è più dall'altra parte, ma è qui, in
mezzo a noi, nella persona di almeno 7-8 milioni di musulmani
presenti e stabilmente residenti in Europa. Un dato non
enorme, ma in crescita, e molto concentrato in alcune realtà
altamente urbanizzate, soprattutto del centro-nord Europa - il
che fa la differenza sia in termini di organizzazione interna,
che di percezione esterna e di reazioni conseguenti. La
frontiera fra i due mondi si è spostata: anzi non c'è più.
I due mondi vivono uno nell'altro. (Per un approfondimento a
più voci della questione, dai suoi fondamenti teologici agli
effetti sociali odierni, rinvio a L'occidente di fronte
all'islam, Franco Angeli, 1996, da me curato).
La svolta: l'islam in occidente
Oggi diventa sempre più urgente rivedere e
aggiornare (e soprattutto verificare con la realtà) queste
immagini reciproche di islam e di occidente. E questo per una
semplice ma decisiva ragione: perché non si può più parlare
solo di rapporti tra islam ed occidente. E' accaduto qualcosa
che rende il rapporto qualitativamente diverso: oggi l'islam
è in occidente.
Il
processo inverso era in corso da tempo. L'occidente ha invaso
progressivamente il territorio dell'islam, nel bene e nel
male: prima nell'età dell'imperialismo e delle
colonizzazioni, e oggi soprattutto attraverso l'economia, la
tecnologia e i media, nonché, citiamo alla rinfusa, i sistemi
istituzionali (dal sistema scolastico a quello statuale), il
turismo di massa, il linguaggio scientifico, l'ideologia dei
diritti dell'uomo e magari anche forme filantropiche ma spesso
subalterne ad esigenze politiche o economiche, come la
cooperazione allo sviluppo e, più recentemente, la cosiddetta
ingerenza umani-taria - e occasionalmente, anche di recente,
attraverso l'occupazione militare, il vecchio tradizionale
linguaggio della guerra.
L'arrivo dell'islam in occidente, e il suo insediamento ormai
definitivo e irreversibile, sono invece assai più recenti. E
storia di oggi.
Un
processo che per un sottile paradosso della storia, al tempo
stesso ironia e nemesi, è stato innescato dall'arrivo in
occidente di gruppi via via più cospicui di immigrati:
poveri, deboli, non di rado, in una prima fase, analfabeti,
quasi sempre impreparati all'impatto con società in pieno
dinamismo e strutturalmente forti o almeno percepite come
tali, economicamente e culturalmente - del resto chi è
costretto ad emigrare è il più debole per definizione.
L'ironia è data proprio dal fatto che laddove non erano
riusciti il feroce Saladino e la Sublime Porta, il turco e il
saraceno, il corsaro e il combattente del Jihad, laddove gli
eserciti non avevano potuto prevalere, a Poitiers o a Vienna,
a Granada o a Lepanto, come vuole l'immaginario occidentale,
ecco che riescono, senza nemmeno averlo voluto, quasi come
conseguenza casuale e certamente non pianificata della loro
presenza, le armate disarmate dei nuovi immigrati. L'islam che
non era riuscito a conquistare l'Europa manu militari,
comincia adesso ad abitarla pacificamente: e per le
conseguenze impreviste (anche se tutto fuorché imprevedibili:
bastava gettare un'occhiata oltre confine) di fenomeni sociali
più o meno sotterranei anziché per effetto di un deliberato
disegno.
L'islam è ormai diventato la seconda religione in quasi tutti
i paesi dell'Europa, sia cattolica che protestante, Italia
inclusa. Anche se non ce ne siamo ancora veramente accorti, si
tratta di un cambiamento storico, epocale, Avvenuto, ed è
questo uno dei dati sorprendenti, nel silenzio e nella
sostanziale inconsapevolezza dei suoi stessi attori, come
anche nella distrazione e nella quasi totale incomprensione
degli osservatori.
Oggi ci sono nell'Europa comunitaria, secondo le varie fonti,
l'abbiamo visto, sette-otto milioni di musulmani, forse anche
dieci, e qualcuno azzarda anche cifre superiori. Il problema
è naturalmente di definizione su chi è musulmano e perché
(per dirla con un noto hadith: "Solo Allah conosce il
cuore degli uomini"): a seconda del criterio scelto si
potrebbe anche scoprire che i musulmani sono in realtà di
meno.
In sostanza si tratta del 2-3% della popolazione: non
moltissimo, ma molto concentrata nelle realtà altamente
urbanizzate, e in alcune in particolare, dove è diventato
addirittura maggioranza, come è qua e là verificabile, in
certe banlieues francesi come in non poche realtà una volta
prospere dell'Inghilterra industriale, ecc. Ed è questo che
fa la differenza, sia in termini di organizzazione interna
delle comunità musulmane che di percezione esterna, di
visibilità: le quasi cento moschee (in realtà spesso delle
appena meno che precarie sale di preghiera, ma l'immaginario
fa tutt'uno) di Bruxelles, "capitale" dell'Europa,
sono in effetti un po' più di un simbolo e di una
testimonianza.
Ai musulmani di origine bisogna aggiungere un numero non
travolgente, ma che comincia ad essere significativo, di
convertiti europei, il cui ruolo e la cui funzione, in alcuni
paesi tra cui l'Italia, è più importante di quanto lo
indichino le evidenze statistiche. Inoltre incomincia a
rendersi sempre più evidente una seconda e una terza
generazione di musulmani, che costituisce in fondo il vero
islam d'Europa, che può dirsi a tutti gli effetti, insieme a
quello dei convertiti ma con maggiore incisività numerica e
più complesse implicazioni qualitative, il primo vero islam
autoctono europeo (spesso del resto anche
"cittadino" a tutti gli effetti, e dotato quindi
della pienezza dei diritti, ivi compresi quelli politici). Un
islam che cambia, che si evolve, che per molte ragioni non è
più quello dei padri senza per questo perdere la propria
identità, disperdendosi nel mare dell'indeterminato e
dell'indifferenziato. Un islam in evoluzione anche, ma che in
questo stesso processo sancisce la sua progressiva
stabilizzazione, candidandosi a divenire parte dell'identità
culturale della nuova Europa in via di faticosa costruzione -
se non è una svolta storica questa!
Un islam inoltre minoritario, che in questa sua condizione, e
con poche speranze di cambiarla, deve giocare il suo ruolo e
contrattare il suo spazio nella società, al pari di altre
minoranze religiose e sociali: un cambiamento non da poco,
anche teologico, ancora del tutto da esplicitare ma che
promette risvolti interessanti e, in avvenire, un effetto di
feedback con i paesi di origine dell'islam - implicazioni
queste di cui probabilmente l'islam europeo comincia solo
adesso e a stento, a rendersi conto (o forse non comincia
nemmeno: le vive, semplicemente).
Cambia l'islam, insomma, ma cambia anche l'Europa, cambia
l'occidente: realtà in mutamento, ma anche di mutamento.
La realtà si fa dunque più complessa, lo sguardo reciproco
tra islam e occidente europeo riguarda soggetti sempre più
vicini fra loro: così vicini da unirsi talvolta in un vincolo
non metaforico di matrimonio, come accade già oggi in quelle
che si chiamano con qualche imprecisione coppie miste; che
diventano il punto d'incrocio simbolico, di universi
culturali, religiosi e giuridici talvolta in esplicito
conflitto, tal altra in pacifica e magari sincretica
convivenza. Non dobbiamo più guardare lontano, insomma: se da
una fase di universi separati, in cui era legittimo parlare di
islam e Europa, siamo passati a una fase in cui l'islam è in
Europa, oggi posiamo ben dire che l'islam in Europa sta
diventando un islam d'Europa, un nuovo elemento, inizialmente
non previsto, di questa complessa entità che è il vecchio
continente.
Come sempre quando un fenomeno si trova proprio sotto i nostri
occhi, nella fase iniziale diventa difficile metterlo a fuoco.
Se non vogliamo che l'occhio diventi strabico per lo sforzo
dovremo dunque imparare a guardare al problema (e all'altro
che lo rappresenta e che lo incarna), non tanto con un diverso
paio di occhiali, quanto attraverso una nuova dislocazione dei
punti di riferimento delle nostre geografie mentali. E non
sarà impresa facile.
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