|
Tempo di Maestri
di Maddalena Masutti
"La società di oggi - affermava
il Papa Paolo VI°, nell'enciclica Ecclesiam suam - non ha
bisogno di maestri, e se crede nei maestri è solo perché
sono testimoni".
Tutte
le grandi religioni hanno avuto e riconosciuto dei grandi
maestri. Incominciando dai propri fondatori, dotati di una
fede profonda nelle verità che enunciavano e che costituivano
gli elementi basilari della fede e del rapporto con Dio. I
maestri riconosciuti conducevano una vita talmente in sintonia
con i principi religiosi da darne una testimonianza diretta.
Nella storia delle religioni ci sono stati cambiamenti ad
esempio dal Vedismo all'Induismo, poi al Bramanesimo,
realizzati lentamente nei secoli. Altri devono il loro atto di
nascita, come il Buddismo dall'Induismo, ad un personaggio,
Budda.
Il Confucianesimo a Confucio. Nel caso del Cristianesimo nato
dall' Ebraismo, a Gesù di Nazaret, uomo-Dio. L'islam a
Maometto.
Se le verità religiose diventate patrimonio dei popoli per
millenni, si sono consolidate anche in tradizioni di vita
generalmente accettate, non sembrano avere bisogno di nuovi
grandi maestri. Producono certamente dei "santi",
persone che denominate in vario modo, hanno raggiunto la
perfezione. Possiedono le virtù, non necessariamente una
grande dottrina o una nuova dottrina.
Il passaggio di civiltà che noi stiamo vivendo, esprime forme
di decadenza dei valori del passato che se anche riaffiorano
nel momento attuale, faticano a trovare una loro identità.
Anche per questo forse, l'attuale cambio di civiltà produce
maestri in quantità, più o meno credibili e conosciuti.
Attrattive del momento
Félix Machado, prete cattolico indiano, del
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, a chi gli
chiedeva un parere sulla grande proliferazione di
"guru" dall'India in Occidente, fece notare che
nessuna religione orientale costituisce un gruppo omogeneo.
All'interno di ogni grande tradizione, si moltiplicano altre
tradizioni che si costituiscono come gruppi e religioni a sé.
Budda prese i propri principi dall'Induismo, fissò un
"sentiero" ben chiaro e preciso che gli diede
autorità.
E'
noto che anche oggi singoli indu modellano la propria vita
sulla fede in Dio, la responsabilità personale, su norme
ricavate dai libri sacri. Quando riescono ad avere dei seguaci
e a comunicarne le spirito diventano dei maestri "vox
populi". Nel clima di accentuato individualismo che
caratterizza il nostro tempo, il fatto che per appartenere ad
una religione orientale "non si esiga una formale
professione di fede, né l'adesione esclusiva a una qualsiasi
dottrina", può creare l'illusione che la comprensione
della religione sia facile. E soprattutto affidata
esclusivamente all'interpretazione e responsabilità
personale.
"Che cosa manca alle religioni occidentali?"
chiesero a Swami Muktanan- da Paramahansa appartenente alla
tradizione del Sydda-Yoga (1908-1982), che dall'India fece il
giro del mondo tre volte.
"Effettivamente non manca nulla, rispose. La dottrina
originaria di Gesù è perfetta. Purtroppo le religioni hanno
perso la loro capacità di richiamo per la gente non solo in
Occidente, ma anche in Oriente. Coloro che le insegnano o le
trasmettono si fossilizzano e si allontanano dalle dottrine
originarie. La gente finisce col sentire Dio come estraneo,
lontano da sé. Io cerco di vivere la presenza di Dio. Ed
insegno ad adorare Dio innanzitutto all'interno, a riconoscere
la sua grazia che agisce nel profondo di ognuno di noi. Per
questo, credo, le persone si sentono attratte".
Il segreto dei guru
"Che cosa ti ha spinto a venire in
America?" avevano chiesto a Muktananda. "La grazia
dello Spirito (Sakti). Il mio guru che era un grande santo,
devi andare in tutto il mondo, mi disse e devi predisporre le
persone a ricevere la grazia, devi fare in modo che possano
intuire la presenza del Signore all'interno. La gente non ha
più pazienza, non è più capace di aspettare che la grazia
di Dio si manifesti tramite lunghe pratiche o lunghi
insegnamenti. Vuole risultati immediati. Se tu siedi vicino ad
un uomo che ha una malattia infettiva, puoi rimanerne
contagiato. Vicino a chi vive profondamente la presenza di
Dio, si viene contagiati".
Egli ammirava, negli Atti degli Apostoli, la grazia dello
Spirito sceso sui pagani in casa di Cornelio, al solo sentire
le parole di Pietro.
Baba Muktananda apparteneva ad una ricca famiglia indu. Era
figlio unico e a 16 anni incominciò a girare a piedi,
elemosinando, l'intera India, in cerca del suo guru. In
Occidente, iniziò a parlare di Dio alla spicciolata, in casa
di privati. Ora i suoi centri di preghiera sono diffusi in
parecchie migliaia in tutto il mondo. Paramahansa Yogananda
invece (morto in America nel 1952) era considerato un grande
filosofo oltre che un grande guru e portò la spiritualità
della vita interiore nelle classi colte, chiamato a parlare in
congressi e convegni.
Nel 1982 morì in India una donna straordinaria, Ananda Moyì,
dopo aver comunicato a milioni di persone in patria e in
Occidente, il segreto della beatitudine interiore (ananda -
beatitudine). Era analfabeta, non conosceva le scritture, non
aveva avuto un maestro. Comunicava una saggezza unica,
straordinaria e semplice, molto serena. Era universalmente
considerata un grande guru.
L'India ha sempre focalizzato la propria attenzione, il
proprio apprezzamento sui maestri spirituali. Dal XII°
secolo, quando il Buddismo ha diffuso la vita monastica nel
Tibet, al Lama (responsabile della direzione dei monasteri,
divenuto Dalai Lama da quando gli venne offerto il governo del
paese), è attribuita la prerogativa della reincarnazione.
In spirito di sacrificio. Al momento cioè di raggiungere la
liberazione totale ed immergersi nella beatitudine senza fine
dopo la morte, il Lama accetterebbe un altro turno di vita per
poter propagare gli insegnamenti di Budda. Per amore dei
ricercatori della verità. Bambini e ragazzi che
reincarnerebbero i Lama sono ricercati e riconosciuti a
tutt'oggi, anche in Europa ed in America.
Anche tra i cristiani
A chi le chiedeva perché ci sono tanti guru
e come si fa a riconoscere quelli veri, Mata Amritananda, un
maestro-donna venuta in Italia nel '96, rispose che Dio li
suscita perché la gente ne ha bisogno.
Il vero guru secondo le sue affermazioni, è riconoscibile per
l'assoluto distacco dal denaro, per l'onestà di vita non solo
propria, ma anche dei suoi seguaci. Perché non cerca
notorietà, pubblicità e non fa sfoggio di miracoli.
Anche tra i credenti cristiani ci sono persone che cercano e
seguono dei guru. Non sempre lasciano, inizialmente, le
pratiche religiose abituali. Una motivazione può essere
ricavata dal fatto che la gente non ama solo ascoltare.
Desidera anche sentirsi ascoltata. Trovarsi davanti a nomi di
grandi cattedratici non soddisfa più di tanto, anche se si
tratta di persone che vanno per la migliore. C'è il bisogno
di confrontarsi, di stabilire dei rapporti, di fare comunione,
come se un senso più autentico di essere chiesa stesse
tentando di farsi strada dal basso. Tra la gente.
Il rapporto tra cristiani e religioni orientali, come pure il
tentativo di dialogo da parte della chiesa, non hanno secondo
F. Machado, la stessa notorietà in Italia dei contatti con
l'Islam. Ma il coinvolgimento delle persone non è inferiore.
Risponde a tattiche diverse, a diverse possibilità di
conoscenza e di dialogo.
Chi ha avuto occasione di avvicinare qualcuno dei guru con
garanzia di onestà, senza fama nel giro della mondanità e
pieni della presenza di Dio, si è accorto che hanno molto in
comune con Gesù di Nazaret, il "maestro" per
eccellenza. Riescono ad intuire il sincero desiderio di Dio
nelle persone, anche a distanza. Ad avvertirne i bisogni.
Gesù non cercava di accaparrarsi i seguaci a scapito dei
dottori della legge del suo tempo. La gente lo seguiva perché
anche in mezzo alla calca egli"sentiva" il grido del
cieco a cui nessuno badava, "si accorgeva" del vivo
desiderio di Zaccheo salito sull'albero per poterlo vedere.
"Si opponeva" all'azione degli apostoli che gli
volevano allontanare i bambini, "avvertiva" dentro
di sé il tocco pieno di fiducia di una donna che si trovava
nel bisogno. Aveva la pienezza dello Spirito. Lo emanava. Con
una presenza sentita anche dagli altri. Usava un linguaggio
semplice. Non tacitava le domande degli interlocutori per
mancanza di tempo. Quel tempo così prezioso per tutti oggi e
per i maestri enfatizzati ancora di più.
Rimane un fatto: tra i cristiani che hanno occasione di
incontrare un guru "vero" ci sono quelli che
traggono dalla sua conoscenza un incentivo molto valido per
approfondire il mistero di Cristo, la sua venuta, i suoi
insegnamenti. Ma la grande maggioranza preferisce purtroppo
relegare la chiesa in "zona ricordi".
L'intuizione di Papa Paolo VI aveva colto nel segno.
|