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Tanzania: Globalizzazione e povertà
di Vic Missiaen
La globalizzazione comporta un
programma di mercato a livello mondiale. Sembra come nata da
sé, per una forza incontrollata che ha radici nella prima
industrializzazione del 700, quando le esigenze del
capitalismo nascente portarono alla ricerca delle materie
prime e al loro controllo diretto. Nacque così il
colonialismo e di conseguenza l'imperialismo. I blocchi di
influenza economica da essi creati rimasero anche dopo la
decolonizzazione e permisero al capitalismo di diventare un
sistema a carattere planetario sostenuto dal mercato globale.
Vic Missiaen, dei Missionari d'Africa, esperto in problemi
economici, presenta la situazione attuale della Tanzania,
puntualizzando i pericoli della globalizzazione. lì mercato
ha dinamiche e tempi diversi da quelli della produzione; la
sua espansione e le sue leggi sfuggono ai consumatori le cui
esigenze vengono trascurate soprattutto a danno dei più
poveri. E' molto importante il ruolo di tutti i gruppi
religiosi per sostenere i principi etici e costituire una
forza frenante alle ingiustizie.
Messa di fronte alla realtà della
globalizzazione, la classe intellettuale della Tanzania tende
a considerare solo gli aspetti negativi del processo, e allo
stesso tempo gode i vantaggi che ne derivano, come l'uso di
Internet e della posta elettronica.
La globalizzazione ha certamente molti aspetti negativi a
causa della povertà del Paese. C'è l'impressione che siano i
paesi donatori a determinare le linee di politica economica e
sociale, e che lo sviluppo politico sia tollerato a condizione
che esista il consenso dei Paesi donatori. Le esigenze della
globalizzazione non sono tutte negative. Può avere effetti
positivi e benefici se ci sono maggiori politiche di
intervento a tutela del bene comune.
E' realistico sperare in queste politiche di intervento e
pensare che la Tanzania possa realizzarle o richiederle? Non
è una questione di finanza, di domanda e offerta, di risorse
materiali. Richiede un'etica sociale e su larga scala Queste
forme di etica sociale sono valori morali pattuiti e accettati
come fondamento per organizzare la vita in comune.
L'uso di risorse umane ed economiche non
può sottostare alle sole leggi di mercato
I problemi della Tanzania si chiamano
povertà, salute, disoccupazione, mancanza di opportunità di
istruzione, necessità di una etica sociale quando si devono
stabilire le nostre priorità nel fare politica. Una scelta
etica che manifesti la nostra visione del mondo e
dell'umanità.
Noi cristiani consideriamo l'umanità creata da Dio, il quale
richiede la nostra collaborazione in un continuo processo di
creazione. Condividiamo questa visione con persone di altre
religioni. E nella scelta dell'uso delle risorse umane ed
economiche per la produzione e la distribuzione, dobbiamo
essere guidati dalla nostra visione etica e non essere
determinati solo da alcuni fattori unicamente economici.
Ciò è possibile oggi in Tanzania, con la realtà economica
che ci troviamo di fronte? Siamo noi in grado di fare una
simile scelta?
Abbiamo pochi soldi, strutture carenti ormai invecchiate da
anni, possiamo permetterci di fare una scelta morale? O siamo
obbligati a trascurare i servizi sociali per costruire una
base finanziaria più forte e una migliore struttura di
mercato?
Alcuni rispondono affermativamente a questa domanda. I
Programmi di Aggiustamento Strutturale funzionano secondo
queste linee. Noi riconosciamo invece che questa risposta non
è corretta, almeno non è sufficiente.
Consideriamo ora il processo di globalizzazione. La
globalizzazione degli investimenti, della finanza, delle
multinazionali dovrà obbligarci anche a dimenticare le etiche
sociali e le scelte che riguardano la vita della maggioranza
della popolazione?
Questa è una decisione per l'uomo, che noi dobbiamo prendere
come società, senza essere schiavi o determinati dal destino
dell'economia. Una decisione che non può essere presa dalla
Tanzania da sola. Deve essere fatta insieme e fondata su una
comune scelta etica. Essa richiede una cultura religiosa
globale.
L'esperienza tanzaniana.
Nel 1967 Mwalimu Nyerere, allora Presidente
della Tanzania, presentò Ujamaa come una visione per lo
sviluppo. Ujamaa, Famiglia, si trasferisce con naturalezza,
egli argomentò, nel sistema politico ed economico socialista.
I due principali argomenti considerati erano: il capitalismo
si è identificato con il colonialismo, e perciò non si può
fare affidamento su di esso per servire questa giovane
nazione. La dimensione morale del bisogno di giustizia
distributiva, di uguali opportunità per tutti, la lotta
contro la fame, la povertà e le malattie devono essere le
priorità. Era chiaramente una scelta etica. E il sistema
economico e politico adottato per elaborare questa visione era
il socialismo centralista. Oggi si afferma che Ujamaa è
fallita. Non ha distribuito i beni come ci si attendeva.
Potremmo affermare che ha ottenuto risultati positivi nel
campo dello sviluppo politico della nazione, ma non in quello
economico. Non ha dato i risultati sperati perché è stata
interpretata in senso socialista mentre avrebbe dovuto essere
intesa come di natura capitalista mescolata a valori sociali
riconosciuti da tutti.
Nel libro "La Ricchezza delle Nazioni" Adam Smith
afferma che nel contesto dei valori morali e culturali
posseduti in comune (nell'Europa del suo tempo) l'interesse
comune era realizzato meglio servendo l'interesse e i diritti
dei singoli. Ora nella famiglia africana c'è l'accettazione
di una concezione del mondo secondo la quale il bene comune si
costruisce in armonia con Dio, con gli antenati, l'umanità,
gli animali e la natura.
Considerata questa visione dell'umanità, la famiglia africana
rafforza le sue relazioni verso l'esterno e verso l'interno,
come relazioni funzionali, sia in termini di diritti sia di
doveri, per ciascun singolo membro.
Adam Smith l'avrebbe trovato un buon esempio di una perfetta
forma capitalistica.
La società ha bisogno di una filosofia e di un sistema di
valori, ha bisogno di costruire un sistema di relazioni
funzionali così da assicura re la convivenza in armonia e
seguendo la linea di condotta convenuta.
Il modello Ujamaa sviluppò relazioni funzionali tra le parti
sociali in modo squilibrato, la società civile fu assorbita
dal sistema centralizzato. Alcune funzioni prevalevano sulle
altre, alcuni interessi soffocavano quelli degli altri. Il
bene comune stava, infatti, per essere eroso dalla mancanza di
considerazione per gli interessi dei vari gruppi sociali e
dall'indifferenza per i diritti e gli interessi individuali.
Negli ultimi anni '80 la Tanzania ha cambiato il modello
socialista con quello del libero mercato e ha introdotto il
sistema multipartitico. Ciò significa che si stanno
costruendo nuove relazioni tra le parti della società
tanzaniana.
Ma di fatto c'è ancora uno squilibrio. Le forze degli
interessi finanziari e degli affari stanno avendo una grande
influenza sul modo di fare politica, mentre agli interessi
della maggioranza povera e ai problemi dei servizi sociali è
data solo priorità verbale. Permangono ancora rapporti sempre
più squilibrati tra le differenti parti della società e si
è diffuso un senso di frustrazione generale. Nei due periodi
caratterizzati da diverse linee di condotta economiche e
politiche (1967-1986 e 1986-1998) si può vedere come il
dialogo tra idea generale, rapporti funzionali e
organizzazione della società non ha operato correttamente.
Le conseguenze nocive del socialismo
Centralizzato
Nel primo periodo della pianificazione
centralizzata socialista, la linea guida è stata utilizzata
non solo a livello ispirativo ma anche per giustificare
decisioni e misure politiche, non ammettendo una valutazione
critica delle politiche concrete e rifiutando il libero flusso
di scambio tra le differenti realtà della società. Ciò
condusse a decisioni disastrose, e a una concentrazione del
potere nelle mani di pochi, ponendo un solido fondamento per
il problema della corruzione attuale.
Nel secondo periodo, dal 1986 in poi, sono state introdotte
nuove politiche economiche e nuovi partiti politici senza
riformulare le linee generali, che erano certamente valide, ma
che avevano bisogno di una nuova enunciazione in termini di
scelta etica e culturale a favore del bene comune e
dell'interesse di tutti. Questo bene comune ha bisogno di
essere riaffermato e alcune linee guida devono essere date
alla nazione per elaborare nuovi rapporti e costruire gruppi
sociali più solidi nella società civile. Bisogna sviluppare
veri partner che siano in grado di dialogare da una posizione
di forza e che lavorino per uno scambio molto più democratico
tra i gruppi della società civile. Per esempio, i movimenti
commerciali hanno bisogno di un positivo appoggio del governo
per proporsi. Comunque l'atteggiamento del governo è ambiguo.
E ciò avviene perché la filosofia non è stata adattata alla
nuova situazione e perché non è stata accettata la cultura
democratica che questa esige.
Il ruolo dei gruppi religiosi: "il
servizio" alla riflessione e nelle attività sociali
La globalizzazione degli interessi finanziari
e degli affari sta perciò sbilanciando le relazioni sociali
in Tanzania a causa della mancanza di partner sociali. La
debolezza dei servizi sociali accentua maggiormente la
distanza tra le classi, che sta aumentando con un tasso
preoccupante. Il ruolo dei gruppi religiosi, chiese cristiane
e comunità musulmane, è molto importante per instaurare un
migliore dialogo tra gruppi civili e potere politico. A
livello di idee guida, la religione deve essere un'attiva
fonte di ispirazione. Deve essere anche attiva a livello di
analisi critica della situazione e della valutazione dei
rapporti funzionali e delle strutture della società, per
contribuire alla riflessione sul miglioramento delle attuali
strutture e sui provvedimenti. Non è ancora parte della
cultura del governo e dei politici attendere questo
contributo.
I gruppi religiosi devono anche prendere parte attiva nei
servizi sociali, economici e politici, purché siano presenti
con un ruolo di servizio e non diventino attori con un proprio
potere.
Questo altererebbe i rapporti funzionali nella società e allo
stesso tempo contaminerebbe la religione stessa.
Finora essi hanno avuto un ruolo ispiratore nel riaffermare la
filosofia della nostra società. Sono comunque deboli a
livello di analisi critica e di valutazione delle linee di
condotta.
A livello di servizi sociali, i cristiani hanno sempre
partecipato, e ancora vi partecipano. I musulmani sono stati
deboli in questa area. A livello politico, entrambi i gruppi
fanno sentire il loro influsso, affermando i loro interessi e
imponendo al governo una politica di neutralità nel terreno
degli affari religiosi. C'è un certo equilibrio nel mantenere
la libertà religiosa e nel non intervento.
Attualmente un problema per il partito al governo è dividere
il potere tra Stato e gruppi che siano espressione della
società civile.
Il principio di sussidiarietà non è ancora operante in molte
aree, specialmente quelle che riguardano l'elaborazione delle
idee politiche e la distribuzione delle risorse. Si parla
molto di decentrare il potere ad autorità locali, ma ad esse
non viene data nessuna seria autorità.
Lo Stato ha abbandonato i servizi sociali. Sta facendo il
minimo, sapendo di non ottenere risultati sugli enormi
problemi quali la disoccupazione, l'urbanesimo, i servizi
sanitari, la povertà nelle campagne. Questi sono infatti i
problemi della società. Sono elementi che stanno intaccando
la filosofia e la coerenza morale della nostra società.
Dire che non c'è abbastanza denaro è una spiegazione
insufficiente perché la condivisione del potere potrebbe
permettere la nascita e lo sviluppo di iniziative locali, se i
più alti funzionari fossero disposti a rinunciare ad alcuni
dei propri privilegi e condividerli con i funzionari locali.
I gruppi religiosi non sono sufficientemente consapevoli della
trasformazione sociale che si sta compiendo. Non è
sufficiente deplorare la decadenza morale, e fenomeni come
l'aborto, la droga, la prostituzione, se non si cercano le
cause e non si incomincia ad affrontarle.
La nostra società tanzaniana è molto vulnerabile.
Alcune ulteriori riflessioni
a) Una cultura della diffidenza.
La gente ha perso la fiducia nell'autorità;
i leaders hanno perso credibilità. La gente riscontra la
corruzione, il nepotismo, la mancanza di responsabilità e
diventa apatica, rimanendo in silenzio. Inoltre la grande
maggioranza non ha obiezioni morali a questi mali, anzi prova
invidia e vorrebbe "dividere la torta". La realtà
economica è tale che alla metà della popolazione non possono
essere conferiti poteri, anche se le sue disponibilità
finanziarie fossero maggiori. Per vincere l'incapacità c'è
bisogno di un aiuto mediante qualche forma di assistenza
sociale.
Questa metà della popolazione soffre di sfiducia in se stessa
e vive nella precarietà. E' una situazione di frustrazione
paralizzante, che impedisce alla gente di collaborare in
attività comunitarie. A causa della sfiducia in se stessi,
essi non riescono nemmeno a credere negli altri. Per lo
sviluppo, un simile elemento ha una seria influenza
paralizzante.
b) Mancanza di consapevolezza sociale
Il liberalismo ha una sua storia economica e
da essa si sa che manca di consapevolezza sociale. Solo quando
gli interessi dei lavoratori o la questione della terra sono
stati organizzati in movimenti civici con potere, il liberismo
fu costretto a concedere misure a favore della sicurezza
sociale.
Il neo liberismo, che si sta manifestando ora nel processo di
globalizzazione, sembra mostrare la stessa mancanza di
consapevolezza sociale. I Programmi di Aggiustamento
Strutturale lo devono ammettere. Essi dicono qualcosa a
proposito, ma non abbastanza.
Se sono solo le forze del mercato, del profitto, dei consumi a
reggere l'economia, allora i valori umani dell'economia
mondiale verrebbero abbandonati, senza neanche aver riflettuto
in modo sufficiente. Non ci si può occupare in maniera
soddisfacente dei bisogni primordiali, quali la salute, il
cibo, il bere, la terra, la protezione, la sicurezza,
l'educazione, quando le forze del mercato sono lasciate libere
di seguire le proprie strade.
Per fare politica c'è bisogno della nozione di economia e di
mercato, ma anche dei principi che li devono animare.
In Tanzania ci sono chiaramente due scuole di pensiero nel
fare politica: l'approccio neo-liberale, secondo il quale c'è
bisogno di capitali, generalmente presi a prestito, e con i
quali risolvere i problemi. L'altra scuola sostiene che
dobbiamo realizzare con le nostre capacità, e provvedere
dapprima ai nostri bisogni di base. Concretamente la scuola
neo-liberale è l'ispiratrice dell'attuale linea politica.
Perfino coloro che si oppongono nei principi, seguono questa
scuola nei comportamenti pratici.
lì dialogo tra le fedi: garanzia per la
scelta morale del bene comune
La religione e i gruppi religiosi (cristiani,
musulmani, ed altri) possono essere una forza guida che
equilibra le possibili distorsioni prodotte dalla
globalizzazione?
Può la religione motivare l'azione sociale?
Considerando la nostra Chiesa, vediamo come nella sua storia,
generalmente i capi religiosi non prendono iniziative per
promuovere agitazioni chiedendo cambiamenti sociali, ma quando
essi lo fanno, intuiscono i motivi e l'utilità del
cambiamento, concordano le attività di pressione sociale e
così la chiesa ottiene un grande impatto. Nel 1948, per
esempio, la Chiesa ha mostrato un sostegno alquanto tiepido
alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, mentre
agli inizi degli Anni '60, con il Concilio Vaticano Il, si
coinvolse attivamente in quei temi. I campi della giustizia e
della pace diventano elemento costitutivo della
evangelizzazione.
La Chiesa cattolica ha dimostrato impegno ed ha perfino
espresso leaders che hanno guidato il lavoro per la giustizia.
Le altre chiese cristiane hanno lavorato nella stessa
direzione. L'Islam non è stato visto al centro delle
problematiche della giustizia, sebbene in alcune questioni si
sia schierato al fianco del Terzo Mondo, contrapponendosi agli
interessi dell'Occidente.
In Tanzania ci sono buone relazioni tra i gruppi religiosi. Ma
si può chiedere: è possibile la collaborazione tra i vari
gruppi religiosi per impegnarsi insieme nel campo sociale'?
Sarebbe possibile una collaborazione inter-confessionale e
inter-religiosa per proporre un'analisi critica comune
partendo da una posizione comune a favore della maggioranza
più povera? Sarebbe un nuovo inizio. Se non ci fossero
situazioni di conflitto, o di scontro d'interessi, ciò
sarebbe possibile e anche auspicabile per il bene della
società.
In ogni caso il dialogo tra le fedi è una realtà sociologica
in una società pluralistica, quando la gente vive insieme.
C'è un comune interagire. Servirebbe molto per il bene
comune, se tale interazione fosse organizzata e mirasse ad
affrontare insieme alcuni dei problemi più delicati.
Non è facile come potrebbe sembrare. Le comunità religiose
possono essere divise al loro interno su alcune questioni ed
ostacolare una presa di posizione pubblica, o se c'è una
presa di posizione pubblica, essa può causare contrasti
all'interno del gruppo. Viene alla mente il caso della
Teologia della Liberazione latinoamericana: divenne in parte
un elemento di divisione perché c'era una forte pressione
dell'ala destra cristiana degli USA contro questa influenza
nella Chiesa. 1 gruppi religiosi sono parte della loro
società e quindi anche parte delle problematiche sociali. La
religione può offrire unn aiuto per risolvere il problema, ma
può anche essere parte del problema, come avvenne in Ruanda
dove i capi di alcune chiese non furono capaci di sollevarsi
al disopra delle divisioni.
Tuttavia ciò non deve scoraggiare dall'impegnarsi per la più
grande unità tra i differenti gruppi religiosi, nel lavoro
per lo scambio sociale. Non si può aspettare fino a che ci
sia una presa di posizione unica sul problema. Bisogna osare
di essere il lievito nella massa, bisogna correre il rischio
di compiere azioni profetiche.
Se si vuole lottare contro gli effetti negativi della
globalizzazione, si deve costruire una rete di persone
impegnate, cristiani, musulmani ed altri, disposti a lavorare
per diffondere la consapevolezza della solidarietà nei
confronti dei gruppi più deboli. Altrimenti la classe dei
ricchi dominerà la maggioranza dei poveri.
Questi problemi causeranno reazioni e perfino attriti nei
gruppi religiosi, e resistenze da parte dei gruppi
interessati, anche in Tanzania. Oggi troppe persone
preferiscono lasciare che le cose accadano e sperare che in
questo modo i problemi si allontanino. Ma generalmente le
questioni aperte non passano così e vengono allo scoperto in
modo incontrollabile.
Il dialogo interconfessionale, in vista di un'azione sociale a
beneficio dei gruppi più deboli e più poveri, rappresenta
una delle più importanti priorità. Deve essere fatto da
professionisti laici, che hanno migliori opportunità per
trovare un terreno comune, insistendo meno sulle differenze
esistenti. Lo dimostra l'importanza del Movimento Pax Romana.
Come possiamo rendere una forza positiva
la globalizzazione
Vorrei concludere con la proposta di una
strategia per ulteriori azioni nella lotta contro la povertà.
Da ciò che noi vediamo e viviamo in Tanzania, presento questa
ipotesi di lavoro per ulteriori dibattiti e riflessioni. Il
problema è:
Come possiamo trasformare la globalizzazione
in una forza positiva operante per il bene comune?
1) Insistere sulla spiritualità del Regno di
Dio. Sulla sua sovranità nel creato e sul suo invito agli
esseri umani a realizzare con Lui il suo ideale sull'umanità
e sul mondo. La nostra convinzione è che tutti siamo figli di
Dio e quindi l'intera umanità è una famiglia.
2) Elaborare questa concezione in una dottrina sociale
condivisibile con altri gruppi religiosi e
con la gente di buona volontà.
Questo non è solo un insegnamento dottrinale dei maestri
religiosi, ma anche un insegnamento risultato della ricerca di
professionisti attraverso sperimentazioni, con proposte e
linee politiche. E' un processo in evoluzione e non un
insegnamento statico.
3) Elaborare in un'ulteriore dettagliata legislazione su scala
universale e con efficacia legale vincolante la Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani.
Il processo di globalizzazione richiede una nuova attenzione
alla sovranità nazionale, alla legge e al sistema giudiziario
internazionale.
4) Ripensare l'intero sistema di aiuti finanziari e riformarlo
in un sistema sociale garantistico per le organizzazioni
internazionali che non siano sottoposte solo alle regole
imposte dai Paesi sviluppati ma determinate di comune accordo
con i beneficiari. Stabilire la democrazia diffusa nel campo
economico e politico.
Abolire l'aiuto bilaterale tra Paesi, analizzare i bisogni
sociali, dare attuazione a questi progetti in collaborazione
con partner locali
5) Creare un sistema di sicurezza sociale generale. Questo
sistema dovrebbe essere orientato verso la costruzione del
benessere sociale per tutto il mondo.
Dovrebbe essere circoscritto alle aree di bisogno primordiali,
quali la salute, il cibo, la terra, la protezione,
l'istruzione di base. Non dovrebbe affrontare i problemi della
crescita economica, competenza dell'economia di mercato.
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