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Fede cristiana e religioni non cristiane
di Maddalena Masutti
Nell'incontro ecumenico di Baar
(Francia) nel 1990, il metropolita ortodosso George Khodr,
sottolineava che tutte le grandi religioni anche se non
riconoscono Cristo, avvertono la presenza dello Spirito di
Dio. Diceva con riferimento al mistero trinitario: "Lo
Spirito è onnipresente. Riempie tutto in una economia diversa
da quella del Figlio. La Parola e lo Spirito si possono
chiamare 'le due mani del Padre'. Noi dobbiamo confessare la
loro indipendenza e vedere nelle religioni un fenomeno di
grazia che abbraccia tutti".
Le
verità religiose possiedono un contenuto che, quando è
vissuto nella pratica, è facile da intuire, anche da persone
che, appartenendo ad altre religioni, non lo condividono.
Si tratta di verità formulate all'interno di un contesto
storico e dottrinale ben specifico, e avvalorate da una
tradizione ricavata dalla pratica costante di fedeli per
centinaia e anche migliaia d'anni.
Il teologo H. M. Barth, per far capire, in un convegno, l’importanza
del contesto in cui è manifestata una verità, portava l’esempio
della frase: "Cristo è il Signore". Formulata come
grido di battaglia al tempo dei crociati, era recepita dai
nemici come esplosione di violenza e sopraffazione.
La stessa frase sottolineata come professione di fede da parte
di credenti che scelgono Cristo come scopo di vita, sintetizza
tutto il significato del Vangelo. Crea un ambiente non di
sopraffazione, ma di accoglienza, pace, serenità e benessere.
Barth voleva anche far capire che le espressioni teologiche se
vengono tradotte in una spiritualità vissuta concretamente,
non rimangono sterili. Diventano, se non del tutto
comprensibili a chi vive una religiosità diversa, capaci di
comunicare un senso di rispetto, di riverenza, di possibile
rapporto.
L'appello alla messa in pratica delle proprie convinzioni
diventa particolarmente significativo oggi nella cultura
occidentale, dove la crisi della ragione si fa sempre più
evidente, e le ripetute, insistenti, appesantite affermazioni
dottrinali vengono tollerate a mala pena e senza frutto.
Questo vale per tutte le religioni in generale. E’proprio
nella corrispondenza tra la dottrina e la vita, la base per le
possibilità di dialogo e di ricerche comuni.
Come dare espressione alla propria
spiritualità
Per mettere la propria spiritualità in un
contesto di relazione accettabile con le altre, non basta
conoscerla, praticarla, affermarla. E' necessario, oggi,
tenere presente anche i rapporti avuti nel passato con le
altre religioni.
Per
H. M. Barth, la fede cristiana, se vuole assumere un
atteggiamento onesto nell'ambito delle religioni non
cristiane, deve accreditarsi una certa dose di pentimento.
"Dall'esterno, egli afferma, il cristianesimo di
qualsiasi confessione, cattolica o no, continua a venire
percepito come una religione violenta, arrogante e avida di
potere. Non ha senso discutere in quale misura questa immagine
sia legittima o se necessiti di alcune correzioni:
l'impressione in ogni caso rimane e i cristiani seri, a
qualsiasi chiesa appartengano, sanno bene se vale la pena
polemizzare in proposito".
In una tavola rotonda tenuta a Trieste (23 aprile 1999) Sergio
Rostagno, teologo valdese, ricordava la problematica emersa
già nel Congresso Missionario di Edimburgo nel lontano 1910.
"Il cristianesimo si è fissato sul mandato espresso alla
fine del Vangelo di Matteo (28, 19-20). La missione si è
così affermata non come dialogo, possibilità di intesa e
convivenza reciproca, ma come missione-conversione. Nessuna
riflessione o reazione di fronte alla controtendenza, alla
ribellione cioè delle altre religioni.
Perchè il cristianesimo deve ritenersi l'unica religione vera
e la cultura cristiana superiore a tutte le altre? Dove sta
scritto o chi può dire d'autorità che tutte le religioni e
tutte le culture debbano sottostare a quella cristiana?"
Il riferimento riguarda ovviamente le grandi religioni
storiche.
Nell'ultimo incontro di Trieste emergeva la necessità di
relativizzare la propria religione non nel senso di metterne
in dubbio il valore o anche solo di sminuirlo.
"Relativizzare" nel senso di accettare che la
propria religione non sia l'unica, la sola. Questo
atteggiamento avvia, all'atto pratico, ad un primo accenno di
accettazione reciproca: incominciare con la simpatia e il
rispetto per chi non è come noi.
Si arriva così a scoprire che ciò che è diverso non è
disprezzabile, semplicemente perchè non ricalca quelle
verità che per noi hanno un valore assoluto. Ad esempio, per
ciò che riguarda Dio, egli è l'Assoluto in se stesso. Ma non
lo è nei modi di conoscerlo e raggiungerlo da parte degli
uomini, che sono legati ai propri limiti e alla diversità
delle culture.
Per ribadire il valore della spiritualità e porre le basi di
un discorso concreto, H.M. Barth affermava: "Ciò che ci
si deve aspettare oggi dai cristiani è quella coerenza che
spesso nel corso della storia è loro mancata. Coerenza
tradotta nel Vangelo vissuto quotidianamente.
Deve diventare riconoscibile che non sono le crociate o le
riconquiste la legittima conseguenza della fede cristiana, ma
il rispetto, la tolleranza. Aspetti che si esprimono già
positivamente oggi in Europa, nella concessione di costruire
moschee. E questo anche se in alcuni paesi islamici è
ampiamente vietata la costruzione e perfino il restauro delle
chiese.
La coerenza della fede cristiana si dimostra anche nella
battaglia per i diritti umani nonostante che ciò comporti
delle tensioni con le religioni non cristiane".
L'esigenza di universalità
Nelle grandi religioni ci sono notevoli
aspetti fondamentalmente diversi, eppure in ognuna l'esigenza
di universalità è molto marcata.
Anche
alle varie forme di cultura in genere, vengono attribuite
caratteristiche di universalità come riconoscimento di
valore. Ma aspirare all'universale non giustifica il diritto
ad accreditarsi in proprio il senso di superiorità.
Essere in grado di toccare fibre profonde dell'animo umano,
aspetto molto importante per raggiungere l'universale in
questo campo, non significa esaurire tutte le aspettative
dell'uomo o far vibrare tutte le risonanze del suo spirito.
Formulare graduatorie al riguardo non è facile. Stabilire per
esempio un patto di riverente solidarietà con Dio, vedi
quello di Israele, non equivale ad assorbire tutte le
modalità possibili con cui realizzarlo. Cristo lo ha a sua
volta perfezionato.
In natura emergono ovunque pluralismi e diversità che si
estendono anche al campo religioso.
"Nessuna religione, dice Rostagno, è in grado di dire o
di dare tutto su tutto.
Il cristianesimo non può estendere l'universalità che
giustamente gli compete come valore, imponendosi come
totalizzante di tutte le culture e di ogni loro aspetto. Può
diffondere alcune sue peculiarità, l'incarnazione di Cristo
principalmente, con tutto ciò che essa comporta".
La consapevolezza che la propria religione ha valori
universali non dà diritto di imporla necessariamente agli
altri, nè di ritenere che gli altri siano obbligati ad
abbracciarla, pena l’imputazione di inferiorità: Dio ha
creato l'uomo libero.
L'universalità più che potere è capacità di sondare
l'animo umano, di suscitare domande e dare risposta, di creare
interessi e aspirazioni, di interpretare e creare ricchezza.
Khodr aveva ricordato che la potenzialità del Padre non si
esaurisce nell'Incarnazione del Figlio: "Il suo Spirito
è onnipresente". Per Rostagno si tratta di riflessioni
importanti che nel discorso missionario lasciano cadere la
parte inautentica rafforzatasi lungo la storia.
Sulla universalità dei valori è sempre possibile discutere,
la loro traduzione nelle situazioni concrete viene appesantita
e variata dalle circostanze. Tipiche queste di uomini
limitati, di popoli che progrediscono e regrediscono, di
mutamenti che si verificano e di forme di consapevolezza che
si affermano.
Il cambio di prospettive nell'ambito delle religioni avviene
spesso perchè gli aderenti si trovano ad un certo momento a
disagio.
Nel Buddismo non cambia nulla se un buddista si fa cristiano o
viceversa, ma i responsabili si devono chiedere che cosa di
ciò che è universale nella propria religione non soddisfa
più e perchè. Soprattutto quando si tratta di fenomeni di
notevole estensione. Difficilmente è la dottrina di fondo a
perdere slancio. Non sono i principi che regolano la condotta
a perdere di efficacia. Forse è la sola interpretazione a
rivelarsi fuori tempo, o l'occhio con il quale viene vista la
realtà storica del momento a rendersi inefficiente.
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