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Mass-media ed evangelizzazione:
una sfida per la Chiesa in Africa
Presentando l’esortazione apostolica
“Ecclesia in Africa”, Giovanni Paolo II, nel settembre
1995, a Johannesburg, dichiarò: “I frutti del sinodo
presentati nell’esortazione apostolica costituiscono una
sorta di piano pastorale di azione per la Chiesa africana
considerata nel suo sforzo di fedeltà alla propria vocazione
e missione... costruire il Regno di Dio in Africa e nelle
isole circostanti”.
Tra i vari aspetti trattati dal Sinodo Africano, in questo
articolo prendiamo in considerazione il “piano pastorale d’azione”
dal punto di vista dei mezzi di comunicazione sociale.
“Essendo
i mezzi di comunicazione per lo più gestiti da centri situati
nell’emisfero nord, non tengono sempre nella dovuta
considerazione le priorità e i problemi propri di altri
paesi, né rispettano la loro fisionomia culturale. Anzi, non
di rado, impongono una visione distorta della vita e dell’uomo,
e così non rispondono alle esigenze di vero sviluppo”. (“La
Chiesa in Africa” n°52)
Per la Chiesa africana utilizzare i mezzi di comunicazione
sociale è “una questione di enorme importanza” per
adempiere la missione affidatale da Cristo, “poiché si
tratta di strumenti di evangelizzazione e, al tempo stesso, di
mezzi di diffusione di una nuova cultura che ha bisogno di
essere evangelizzata”. (n°52)
L’esortazione indica la genesi della comunicazione nella
stessa natura di Dio, nella sua volontà di comunicare con le
sue creature.
Con l’uomo Dio “intreccia delle relazioni privilegiate”
che hanno raggiunto il loro apice in Gesù Cristo. (n° 7l )
“ Il Verbo di Dio è, per sua natura, parola, dialogo e
comunicazione. Egli è venuto per restaurare, da una parte, la
comunicazione e la relazione fra Dio e gli uomini, e , dall’altra,
quella degli uomini tra di loro.” (ib.)
“A coloro che credono in lui, Cristo partecipa la verità,
la vita e l’amore condiviso con il Padre celeste e lo
Spirito Santo”. (122)
Nuova cultura e nuova civiltà
“ ...ai nostri giorni, i mass-media
costituiscono non solamente un mondo, ma una cultura e una
civiltà. Ed è anche a questo mondo che la Chiesa è inviata
a portare la buona novella della salvezza”. L’incarico
degli araldi del Vangelo è quello di “entrarvi al fine di
sapersene opportunamente servire”. (71)
Ciò
implica la necessaria formazione allo stile di comunicazione
dei mass-media degli agenti della pastorale e degli
evangelizzatori, senza dimenticare l’importanza della
trasmissione orale nella cultura africana.
Promuovere la co-municazione all’interno della Chiesa
migliorando la diffusione di informazione tra i suoi membri,
“l’avvantaggerà nel comunicare al mondo la buona novella
dell’amore di Dio rivelato in Gesù Cristo” (n°122).
La missione della Chiesa al mondo non cristiano invece può
essere promossa attraverso forme tradizionali di comunicazione
quali il canto, la musica, i mimi, il teatro, i proverbi e i
racconti, mezzi molto utili ed efficaci, diversi dai moderni
mezzi di comunicazione, ma più accessibili e meno costosi.
Essi tramandano la saggezza e lo spirito della gente e sono
allo stesso tempo una fonte preziosa di contenuti e di
ispirazione per i mezzi moderni .
“I mass-media sono in se stessi, un mondo da evangelizzare e
bisogna che i messaggi che essi trasmettono contengano bontà,
verità, bellezza... Manifesto la mia inquietudine, dice il
Papa, per quanto riguarda il contenuto morale di moltissimi
loro programmi... in particolare metto in guardia contro la
pornografia, la violenza e la rappresentazione molto negativa
dell’Africano... I mezzi di comunicazione di massa sono un
veicolo di evangelizzazione”. (124)
I mass-media, privati o pubblici che siano, dovrebbero essere
al servizio di tutti, senza distinzione. Per questo motivo la
Chiesa in Africa dovrebbe cercare “una più efficace
collaborazione a tutti i livelli: diocesano, nazionale,
continentale, universale” (125), dare nuovo impulso ai
programmi di collaborazione già esistenti e migliorare la
collaborazione riguardo alla formazione professionale, alle
strutture di produzione di programmi per radio e televisione e
alle emittenti...
Mass-media e cultura
I mass-media hanno un’implicazione morale e
non sono utilizzabili allo stesso modo in qualsiasi contesto
sociale. In effetti essi vanno al di là delle attrezzature
visibili, come gli apparecchi radio e televisione, per
includere le strutture organizzative, le gerarchie
amministrative, i contratti commerciali, le reti finanziarie
ecc.
Il
processo industriale ha trasformato la comunicazione in beni
di consumo che possono essere privatizzati, venduti o comprati
secondo le esigenze del mercato, in un’economia
caratterizzata dall’efficienza della produzione e
distribuzione-consumazione.
La raccolta di informazioni e la loro elaborazione, oggi
gestiti dall’informatica, costituiscono il punto chiave
della crescita industriale.
La comunicazione esige quindi un’elevata competenza di
professionisti e specialisti. Per far sentire la propria voce
bisogna accedere prima a una certa formazione, a determinate
abilità della tecnologia moderna.
Di conseguenza i mass-media diffondono, attraverso la loro
industria, un’immagine di società formata da individui i
cui bisogni possono essere soddisfatti da un consumo sempre
maggiore di prodotti industriali.
Le notizie vengono classificate secondo i criteri della
novità. L’accento è posto sulla violenza, la competizione
e il conflitto. Più un evento esula dai canoni della
normalità, maggiori sono le possibilità che diventi notizia.
La conseguenza di tutto ciò per i paesi africani è che “invece
di trasformarsi in nazioni autonome, preoccupate del proprio
cammino verso la giusta partecipazione ai beni e ai servizi
destinati a tutti, diventano pezzi di un meccanismo, parti di
un ingranaggio gigantesco” (52).
In questa situazione, che cos’ha da dire la fede cristiana?
Questi strumenti di comunicazione possono ancora essere
utilizzati per la costruzione del regno di Dio?
La comunicazione cristiana
La comunicazione umana è molto più profonda
delle situazioni concrete che la radio, la televisione e gli
altri massa-media ci presentano, in quanto essa “comunica”
con la stessa natura di Dio che Gesù ci ha rivelato quale “mistero
centrale dell’eterna comunione tra Padre, Figlio e Spirito
Santo che vivono un’unica vita”, dove l’Amore è “comunicato”
(dato e ricevuto) in modo perfetto e per sempre.
“La
comunicazione è più di una semplice espressione di idee o di
emozioni. Al suo livello più profondo, è il dono di sé nell’amore”
(Communio et Progressio, 8).
Gesù Cristo rimane il “perfetto comunicatore” perché
diede l’esempio supremo del dono di se stesso nell’amore.
Ogni parola, ogni segno che ha lasciato, il modo di
relazionarsi alle persone, tutto in lui traduceva in termini
umani l’esperienza di Dio Padre.
Per i cristiani lo scopo e il criterio di valutazione di
qualsiasi forma di comunicazione è promuovere la
comprensione, l’amore, l’unità, la comunione, il senso di
comunità.
Di fronte ai mass-media governati dalla cultura del profitto e
utilizzati al servizio di interessi di potere a scapito dei
veri e fondamentali valori umani, i cristiani servendosi di
parole, gesti, libri, giornali, elettronica, radio o
televisione per comunicare dovrebbero porsi la seguente
domanda: quanto sto facendo in cosa contribuisce ad aumentare
il senso di fratellanza, di comunione e a creare una cultura
di condivisione?
Oggi i media sono concentrati in aree urbane nelle mani di
gruppi particolari per un pubblico urbano, coi suoi bisogni e
gusti.
La situazione del povero, emarginato, dell’uomo di strada
non fa notizia, a meno che non intralci la tranquillità di
persone importanti.
Malgrado questi limiti, i media sono un dono di Dio per la
costruzione del suo Regno.
“Ogni cristiano deve preoccuparsi che i
mezzi di comunicazione siano veicolo di evangelizzazione”.
(124)
A partire dal ruolo specifico dell’individuo
nella Chiesa, ogni cristiano ha l’”onore” e il “dovere”
di “impregnare” il mondo dei media del vangelo di Cristo.
Questa è una grandissima sfida, perché molti cristiani, non
professionisti nell’ambiente dei media, lo concepiscono a
fatica come il campo della loro missione d’annuncio della
buona novella. Anche quando lo accettano come un dovere,
spesso soffrono per la mancanza della competenza necessaria.
Una
delle ragioni di questa inadeguatezza nasce dal fatto che
molta gente si limita a considerare solamente il livello in
cui una sola persona parla a molte altre.
Ma esiste anche un rapporto interpersonale caratterizzato
dalle attività messe in atto tra due persone in un
determinato momento, trovandosi magari faccia a faccia. I
media appropriati vi includono la comunicazione verbale,
(parola, linguaggio contestuale, conversazione) e quella non
verbale, timbro di voce, tipo di ascolto, silenzio, impiego
del tempo e dello spazio, uso del corpo, (espressione degli
occhi, bocca, mani, tronco, abbigliamento ...)
A livello di un gruppo due o più persone si vedono come
entità differenziate dagli altri. Inseguono obiettivi comuni
attraverso il dialogo, la partecipazione, l’intesa
reciproca, la condivisione di esperienze: rappresentazioni
teatrali, canti, danze, poesie ecc.
La maggior parte dei mezzi di comunicazione attenti alla
comunicazione interpersonale e di gruppo sono alla portata
della vasta maggioranza. Fino ad ora, purtroppo, è stata
prestata pochissima attenzione allo studio di strategie dell’evangelizzazione.
Nel sinodo africano, i vescovi vi hanno fatto riferimento
quando hanno affermato che “più che una proclamazione di
idee, il vangelo è una testimonianza di vita individuale e
comunitaria veramente cristiana, capace di andare incontro
alle esigenze e ai valori del vangelo”.
Il cristiano “impregni il mondo dei media del Vangelo di
Cristo”. Con questa affermazione, il Papa vuole dire che
ognuno, secondo il ruolo che ha nell’ambito della Chiesa, ha
il dovere di evangelizzare i mezzi di comunicazione sociale ai
tre livelli dell’interazione umana.
Il linguaggio utilizzato nell’educazione dei figli in
famiglia così come le favole o i racconti, sono un mezzo per
educare cristianamente tra le mura domestiche.
Anche i canti e le danze tradizionali possono essere adattate
per comunicare il messaggio del vangelo.
Molti sono i giovani artisti che compongono canti liturgici
che trasmettono il messaggio evangelico, ma sovente la loro
arte è poco presa in considerazione nell’evangelizzazione.
Tutti coloro che sono dotati di tale talento hanno bisogno di
essere incoraggiati ad offrire il loro personale contributo
all’evangelizzazione.
Non
dovrebbe essere molto difficile trasformare la liturgia
domenicale in un momento di comunicazione, usando i media
appropriati, incoraggiando e valorizzando le capacità dei
presenti, favorendo rapporti spontanei e manifestazioni di
fede più personali.
Il cristiano può fare molto per evangelizzare la
comunicazione di massa sviluppando ad esempio una coscienza
critica nei confronti dei vari programmi per non lasciarsi
infatuare.
“Formare buone abitudini nel telespettatore bambino vorrà
dire a volte, molto semplicemente, spegnere il televisore:
perché ci sono cose migliori da fare, perché lo richiede un
certo riguardo per gli altri membri della famiglia o perché
il guardare la TV in un modo indiscriminato può risultare
dannoso.
I genitori che utilizzano per intervalli lunghi e regolari la
televisione come una specie di baby-sitter elettronica
rinunciano al loro compito come primi educatori dei loro figli”
(messaggio del Papa per la giornata delle comunicazioni,
1994).
La presenza della Chiesa nel mondo dei media deve essere
competente ed efficace.
Senza sottovalutare l’importanza di mezzi di comunicazione,
giornali ed emittenti radiotelevisive cattoliche, gestiti
dalla Chiesa, occorre sottolineare che in questo modo essa
raggiungerebbe solo una piccola parte della popolazione.
La Chiesa deve sapere combinare la gestione di questi media
con l’arricchimento della cultura mediatica generale per
mezzo di valori cristiani, che solo la formazione di
professionisti cattolici coscienti di essere depositari di un
dono di Dio al servizio della proclamazione dei valori
evangelici potrà garantire.
I professionisti della comunicazione
A rendere difficile il compito di “assicurarsi
che i principi cristiani influenzino tutti gli aspetti della
pratica della loro professione” è il conflitto tra la fede
e la vita professionale. Si nota un malessere generale tra
molti cristiani i quali sono influenzati dalla cultura odierna
che considera la religione una questione puramente personale e
privata, senza un impatto sulle varie componenti della
società. “Occorre perciò fornire loro una sana formazione
umana, religiosa e spirituale” (124).
“In tutti i settori della vita ecclesiale la formazione è
di capitale importanza. Nessuno, infatti, può realmente
conoscere le verità di fede che non ha mai avuto modo di
apprendere, né è in grado di porre atti ai quali non è mai
stato iniziato. Ecco perché la comunità intera ha bisogno di
essere preparata, motivata e rafforzata per l’evangelizzazione,
ognuno secondo il proprio ruolo specifico all’interno della
Chiesa”. (75)
Purtroppo in Africa, i professionisti dei media non
costituiscono ancora un gruppo con un’identità ben
definita. Sentono il bisogno di incontrarsi, di confrontarsi e
di riunirsi in associazioni che favoriscano la loro crescita
materiale e spirituale.
Solo a livello internazionale possono trovare qualcosa del
genere, ma è necessario che le associazioni allarghino il
più possibile i loro orizzonti.
“I mezzi di comunicazione, soprattutto nelle loro forme più
moderne, esercitano un influsso che supera ogni frontiera; in
tale ambito si rende necessario un coordinamento stretto, che
consenta una più efficace collaborazione a tutti i livelli:
diocesano, nazionale, continentale e universale. In Africa, la
Chiesa ha molto bisogno della solidarietà delle chiese
sorelle dei paesi più ricchi e più avanzati dal punto di
vista tecnologico. Sempre in Africa, alcuni programmi di
collaborazione continentale già operanti, come la commissione
episcopale pan-africana di comunicazioni sociali, dovrebbero
essere incoraggiati e rivitalizzati. E come ha suggerito il
Sinodo, bisognerà stabilire una più stretta collaborazione
in altri settori, quali la formazione professionale, le
strutture produttive della radio e della televisione, e le
emittenti a portata continentale” (n.126)
Le chiese delle nazioni tecnicamente più avanzate possono
aiutare la Chiesa in Africa con centri di formazione ben
equipaggiati, borse di studio, scambio di programmi e di
personale, nell’ambito della formazione e dell’installazione
di centri di comunicazione come le emittenti radio televisive.
Ogni diocesi dovrebbe avvalersi di strutture per incontri e
formazione.
“Allo scopo di coordinare l’impegno dell’evangelizzazione,
la diocesi provvederà ad istituire le necessarie strutture di
incontro, di dialogo, di programmazione. Valendosi di esse, il
vescovo potrà orientare opportunamente il lavoro di
sacerdoti, religiosi e laici, accogliendo doni e carismi di
ciascuno per metterli al servizio di una pastorale aggiornata
ed incisiva”.(88)
Una commissione diocesana per la comunicazione, composta dai
rappresentanti di ogni comitato parrocchiale potrebbe aiutare
i vescovi a formulare strategie opportune, in collaborazione
con la Chiesa universale, la Chiesa in Africa e le conferenze
episcopali nazionali.
Anche a livello parrocchiale un comitato permanente sarebbe di
grande utilità nelle attività pastorali della Chiesa locale
a livello di base.
Conclusione
L’importanza che i mass-media hanno assunto
nel mondo d’oggi non è più una novità. Il loro sviluppo
ha migliorato la “comunicazione” tra persone, paesi,
culture, nazioni, continenti.
Si potrebbe affermare che i mass-media hanno contribuito a
ridurre le distanze tra i popoli.
Tuttavia non si può nascondere il rovescio della medaglia:
ciò che potrebbero essere strumenti di scambio culturale, di
crescita, di solidarietà tra i popoli della terra, stanno
diventando strumenti di sfruttamento, di schiavitù, di
potere, di profitto a causa dell’uso che molti ne fanno.
Il continente africano non è al riparo da questo pericolo. La
presenza competente e coraggiosa dei cristiani nel campo della
comunicazione e del mass-media diventa in questo contesto una
missione.
“Ogni cristiano deve preoccuparsi che i mezzi di
comunicazione siano veicolo di evangelizzazione, il cristiano
che opera come professionista in questo settore ha un suo
ruolo speciale da svolgere. È suo dovere, infatti, fare in
modo che i principi cristiani influenzino la pratica della
professione, ivi compreso il settore tecnico e amministrativo.
Per permettergli di svolgere tale ruolo in modo adeguato, si
insiste, occorre fornirgli una sana formazione umana,
religiosa e spirituale”.(124)
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